Architettura riminese

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VIVERE MODERNO AD UN PASSO DALLA STORIA.

Davanti Castel Sismondo, intorno al “rudere” del teatro Galli, si sono incatenati, si sono allacciati circondandolo e formando una catena umana protettiva, hanno fondato una corrente di pensiero (comunque mutuata) definita com’era e dov’era (che allargandosi ad altri beni culturali tutela anche la piada quale monumento del nostro territorio), hanno messo su un’associazione:  Rimini città d’arte, pur di scongiurare il (M)moderno: il progetto dello studio Natalini per un nuovo teatro, vincitore di un concorso pubblico di decenni fa del secolo scorso.Si è rinunciato ad un teatro (per amore del teatro!) pur di conservare il passato.Ora, in situazione ancor più problematica circa l’impatto storico-ambientale, del passato ci si fa beffa, anzi lo si mette in circolazione in forme pubblicitarie davanti ad un lotto che è proprio di fronte la Rocca.Ma si tratta di un residence. Forse qualcuno di quel vecchio comitato ci investirà pure. Il motto è esplicito, anche tipico banal-riminese: “Vivere moderno ad un passo dalla storia”Il rendering cartellonistico ci fa vedere come verrà tirato su il residence.Dal punto di vista architettonico conserva tutto l’anonimato e tutto lo standard formale con i quali si costruisce (ma non si progetta) in queste latitudini.Potremmo soffermarci sulle sgrammaticature e furbizie sintattiche del linguaggio architettonico ma sarebbe solo sadismo o accanimento terapeutico. Forse l’analisi, la critica architettonica, lo sguardo, potrebbero apparire sproporzionati rispetto all’oggetto di indagine con uno sperpero di neuroni irrisarcibile.Il riferimento storico è solo l’occasione per dare un nome a qualcosa di produttivo (fare legna!) così come si fa per un pub, un negozio, una discoteca.Ma perché tutto questo? Forse che lo spazio urbano, o una semplice facciata, non vengono considerati patrimonio della collettività anche se si tratta di interventi privati? Forse lo sconcio inesorabile dell’immagine della città riguarda solo i “feticci” intoccabili, ritenuti patrimonio collettivo seguendo un meccanismo cultural-mediatico, global-provinciale? Certe cose non si toccano ma per il resto si è di bocca buona. Ci vorrebbe il lettino dello psicoanalista per comprendere simili scollature d’identità cittadina.Ma come si fa a bloccare per decenni un progetto di teatro per “nobili” ragioni e poi, volgendo lo sguardo a pochi metri, ti vedi tirare su con velocità impressionante una “cosa” simile? Fa riflettere molto, ma ci getta anche in uno sconforto impotente!.il-brutto1.jpg.bello4.jpg

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