Mario Lozano è il nome del soldato accusato dalla magistratura italiana dell'”omicidio” di Nicola Calipari, durante la rocambolesca liberazione di Giuliana Sgrena.
La giornalista è considerata da Lozano una bugiarda, mentre Giuliana Sgrena considera un “processo-spettacolo” quello sceneggiato dal soldato.
Eppure anche la Sgrena in quanto a spettacolo non sembra una dilettante.
Da due anni, la sua liberazione e la morte del Dott. Calipari (che tutti, il giorno dopo la sua morte chiamavano Nicola, in una specie di affettuosità risarcitoria e sacrificale praticata soprattutto a sinistra) sono per lei un mito fondativo, una ragione di vita, di lavoro, d’identità .
Dopo il suo ritorno in Italia (vi ricordate?) veniva sempre accompagnata dal direttore-tutore del suo giornale, il Manifesto, molto somigliante ad un personaggio di Moretti nel film Ecce Bombo (ah! Pintor, Pintor!); sul suo mito autofondativo ci ha scritto un libro dal titolo : Fuoco amico (chissà perchè penso a Woody Allen!).
Quella della Sgrena è una grande battaglia personale contro l’amministrazione americana, è una grande battaglia per la ricerca della VERITA’, grandezze queste tipiche di quelle personcine tenaci e ambiziose, oseremmo dire minori, ma che, se ben supportate, possono trasformarsi in quei trapanini per modellistica con cui puoi costruire una cattedrale.
La Sgrena inoltre ha aperto anche un fronte interno, chiedendo al governo italiano di prendere posizione circa il processo, affermando che la magistratura italiana non viene presa in seria considerazione da parte dell’amministrazione statunitense.
I servizi segreti e la magistratura sono entità astratte, variabili ideologiche (ancora? Purtroppo sì!) a seconda dell’onnipotenza, dell’impotenza, del narcisismo, della convenienza, della carrierina, del progettino, e del Ponentino che spira a Roma che non si sa mai.
La Sgrena pare abbia anche vocazioni da statista o almeno da sottosegretario agli esteri quando si vola basso.
La soggettività si espande, l’io si monumentalizza e si fa icona mediatica, l’episodio esistenziale si fa mito di fondazione per una autorappresentazione che non concede aporie, flessioni, debolezza, ambiguità ; si è già dimenticato il pianto straziante dell’invocazione a vivere, la nuda vita ha già ripreso l’abito professionale della “cultura del piagnisteo” ben pagato e con il copyright protetto.
Certo verrebbe voglia di dire alla Signora: «ma stia zitta qualche volta».
Ho detto verrebbe voglia; io non lo farei mai, perchè dire a simili personcine di stare zitte si rischia di non liberarsene più.
C’è una domanda per me inquietante che l’autrice del libro, edito dalla Feltrinelli, pone nella scheda pubblicitaria: “perchè proprio me?”.
Meglio stare alla larga da simili domande che andrebbero rivolte al prorpio psicoanalista piuttosto che al lettore; sono domande tipiche delle persone instabili o in attesa di miracoli, stimmate ed altre santità erotico-mediatiche.
Bisognerebbe rispedire al mittrente il “me”, e restituirlo ad un “noi” più silenzioso.
ma sei matto…..?!