Fellinia 1

Quella piccola Porta di pietra che chiude, o apre secondo le autentiche vocazioni di una Porta, Via Garibaldi, rappresenta la vera sinéddoche della città di Rimini, è la parte che sta al tutto. Amputata delle sue articolazioni anatomiche-urbane, pelata e ripulita da sembrare soffice e mangereccia come un dolce di Natale o più semplicemente “cinematografica”, pronta per essere smontata sasso per sasso con la forza agile di uno Steve Reeves in un Maciste o Ercole anni Sessanta trasformandoli in proiettili contro i cattivi, questa Porta si rivela come un’autentico ready-made; è quel famoso gesto provocatorio del maestro dadaista Marcel Duchamp, ormai lo sanno persino gli studenti dell’Accademia di Belle Arti, che consisteva nell’esporre nello spazio sacrale riservato all’arte oggetti d’uso quotidiano, utensili e varie banalità. Vista sotto quest’ottica l’operazione in sé non sarebbe molto malvagia ma purtroppo questo montaggio Lego restituito alla città esibisce il fatidico vessillo del “com’era dov’era”, insieme a tutta la filosofia che contiene: simultaneità di spazio e di tempo annullando la durata che modifica inevitabilmente tempi e luoghi. Se fosse un oggetto spaesato, racchiuso in una scatola di cristallo, sapientemente illuminato nella notte accentuandone l’aspetto fantasmatico, se avesse le caratteristiche distratte dell’objet trouvè, del reperto, del frammento che sta ad un’unità perduta, se l’operazione fosse stata quella di radicalizzare il teatro, la scena, di accentuare scenograficamente l’impossibilità di ricomporre l’infranto, di spingere la finzione sin dentro il suo linguaggio con sobrietà estetica quasi minimalista avremmo potuto dire: ecco una scelta coraggiosa. E invece al finto c’è chi ci crede veramente, o ipocritamente, e purtroppo questo sarà, è scritto, il destino di Rimini: l’Italia in miniatura e i set felliniani quali riferimenti di fondazione. Poi l’orrore urbanistico dell’altrove che circonda il nucleo storico sarà psicanaliticamente risarcito dal ritornello del com’era dov’era, sponsorizzato magari da qualche illuminato e “acculturato” immobiliarista.
Nel romanzo di Sebastiano Vassalli 3012, scritto nella metà degli anni Novanta, viene descritta una città, la favolosa Fellinia, la più grande illusione dell’Evo antico. Rimini è tutta lì, e la si sta costruendo proprio così. Anzi è già così.
Mi sono spedito una cartolina un mese fa da Milano e dopo l’indirizzo ho scritto 47900 Fellinia. Provate anche voi.

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