Paolo Colacito. (uomini pescaresi)

Cenere, pazientemente depositata sulla superficie; muffe, combustioni, pagnotte di pane seccate e trattate con il verderame; l’aria, immessa dentro enormi polmoni di plastica che invadono spazi interni.
Immaginate tutta questa alchimia elegantemente confezionata in bacheche o scatole, risolta su tela o su tavola, in forma finita, in documentazioni fotografiche o video, seguendo un processo di fissazione di ciò che potrebbe evolversi all’infinito secondo spontanei processi naturali di trasformazione.
L’artista-alchimista, schivo e obreggiante, che fa tutto questo, si chiama Paolo Colacito.
Il rapporto previlegiato che questo artista ha scelto di intrattenere con l’”altro” si chiama tempo.
Al tempo è affidato la riuscita del suo lavoro, che si posiziona all’inizio, o alla fine, di una certa temporalità definita.
Il suo lavoro è un segmento finito di una vita organica impermanente e indefinita.
La cenere forse verrà prodotta da lunghe sere davanti a un camino; il pane, probabilmente autoprodotto, con la sua ferita centrale come un taglio di Fontana realizzato dal forno e dal lievito, è rivestito dalla nebulosa che si spruzza sulla propria vigna, rendendolo bronzo ossidato.
Stiamo allora parlando anche della sua casa, a Montesilvano, del suo studio, di quella che una volta era campagna e che lui accudisce ancora oggi, pur essendo urbanizzato e abitante di Pescara centro.
La sua vigna produce un ottimo vino, il Cerasuolo.
Materiale e tecniche del suo lavoro sono lì, a portata di mano, a portata di braccia; mensura umana, esistenziale, legata al lavoro, alla vita attiva.
La relazione con il tempo non riguarda solamente la creazione “quasi spontanea” delle sue opere artistiche ma anche di quelle “agricole”, non meno elaborate e complesse.
Meteorologia, fasi lunari… ; un artista della vita activa.

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.