Tra musei e strade d’Europa

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Nel centro storico pochissime auto, non si parcheggia in strada, le strade e i marciapiedi sono per i pedoni e le bici. Queste vengono fatte riposare a migliaia nei sotterranei vicino alla stazione. In albergo ti offrono un ticket illimitato per girare sul tram in città e fuori. Non vedo negozi di cellulari e mi pare che gli abitanti ne fanno un uso normale e discreto. Molte librerie dedicate all’infanzia, con tavoli e poltroncine per leggere prima di acquistare e giochi per i bambini. Negozi elegantissimi che sembrano templi innalzati al dio tabacco, in effetti qui puoi fumare piuttosto liberamente ed in alcuni locali puoi persino assaporare i mattutini valori antichi: caffè, giornale, sigaretta, tutto insieme. Nelle antiche democrazie, ricche democrazie, si può essere tolleranti. Mi torna alla mente quell’ordinanza del comune di Napoli che proibiva di fumare nei giardini pubblici in piena emergenza dei rifiuti e respirazione di diossina quando vi davano fuoco. Prendiamo dagli altri le cose buone per darci una facciata ma restiamo idioti. Ci manca sempre la sostanza.

Ci sono qui molti bei musei e collezioni superbe ma non c’è quello snobismo di chi ha “scoperto” la cultura e che alla fine non gli è propria, al naturale voglio dire. Sì, sono un po’ “aristocratico”, ma da autodidatta la cultura mi è servita a vivere, ad essere più che apparire, per usare un usurato slogan.

Siamo a Basilea. La Svizzera non fa parte dell’unione europea, chiederà qualcuno. Non rispondiamo.

Quando ritorniamo a casa, è più forte di noi, non ce la facciamo ad essere diversi da quello che siamo. Ogni volta che ci spostiamo nel Nord Europa ritorniamo con la coda tra le gambe e con dure lezioni difficili da smaltire. Qual’è dunque la ragione che ci consente di stare ancora in Europa?

La ragione forse sta nel fatto che in Italia ci sono alcune Regioni, tra le quali forse quella in cui vivo, che giustificano l’inconsistenza di altre? Ancora, con fatica e affanno crescente, c’è una parte d’Italia che si fa carico di tutta quell’altra, di quella parte inerte e parassitaria, inchiodata a modelli antropologici che appaiono immutabili, con gli stessi tormentoni sociologici della mia adolescenza – l’ultimo, le centinaia di migliaia di giovani che emigrano dal sud al nord d’Italia.

Sperpero di intelligenze ed energie vitali utili al sud, dicono i politici progressisti. Fanno benissimo, dico io. Anzi, spostatevi ancora più a nord ed andate a costruire l’unica cosa che ci rimane di bello e utile: Diaspora Italia. Superata una certa età sarete catturati dal retaggio mimetico e dalle abitudini e non avrete più lo sguardo del distacco. Ritornano gli anni Cinquanta, siamo ancora nel lungo dopoguerra e forse si ricostituirà la famosa Cassa per il Mezzogiorno. Il dopoguerra resiste solo da noi.

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