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Caro Marchetti,
lascio a te le riflessioni e i giudizi che ritieni più opportuni sull’arte, il mondo, Flash Art. Ci mancherebbe altro.
Una cosa però vorrei precisare: nella mia rubrica LETTERE AL DIRETTORE, non cestino mai alcuna lettera (come invece tu hai adombrato). Tu hai la prova che l’abbia fatto? Certo, talvolta evito di rispondere a richieste di giudizi sulle proprie opere, per non aprire un terreno paludoso ma soprattutto noioso e di nessun interesse. Per il resto pubblico tutto, anche gli insulti e punti di vista più feroci e indiscriminati. Al punto che sono anche incorso in qualche vicenda giudiziaria per aver pubblicato qualche lettera non proprio serafica.
Se tu hai la prova che io abbia cestinato o censurato qualche lettera, io sono qui, a confortarti con prove. A meno che (sai cosa è internet e quali problemi a volte pone) non l’abbia ricevuta. La sola cosa che con i miei collaboratori abbiamo fatto è stata quella di far rispettare la lunghezza; dunque da una lettera di tre cartelle abbiamo dovuto (ahimè!)sintetizzarla a 15-20 righe. E ti assicuro che non è un esercizio divertente. Ma per il resto non mi risulta di aver mai cestinato qualcosa. Anche perchè, dovresti saperlo, a tutto c’è una risposta. Talvolta viene bene, altre volte meno.
Buon lavoro.
Giancarlo Politi
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Apprezzo la solerzia e la volontà di chiarimento del Direttore, un uomo che viene da lontano, di grande esperienza, e che conosce molte cose che a noi sfuggono. Mi sarebbe piaciuto se avesse commentato anche la seconda parte del mio articolo.
Mi colpiscono termini come prove, vicenda giudiziaria, censura.
La risposta è una richiesta di esibizione di prove, come se si fosse in qualche modo introiettata, più o meno inconsciamente, un fumus persecutionis che annebbia la semplice dialettica o una geografia “liberal” sull’arte e sul suo sistema. Perchè dovremmo esibire prove in un articolo, come si diceva il secolo scorso, di “costume” (con accezione antropologica)?
Comportamento molto “italiano” da parte del Direttore.
Comprendo le sue precisazioni. Tuttavia si spostano i contenuti del nostro articolo su un piano non-culturale e autoreferenziale, addirittura  autodifensivo in assenza di un attacco.
“Schivare il concreto è uno dei fenomeni più inquietanti della storia dello spirito umano”, scriveva Elias Canetti.
In questo caso il direttore di Flash Art ha “schivato” il problema.
Il libro di Canetti si intitola “Potere e sopravvivenza”.
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Non so a cosa alludi. Se a questo passaggio che accludo lo ritengo una tua (legittima anche se errata e provinciale) interpretazione. Da sempre e ovunque mi batto contro qualsiasi politica per una autonomia della cultura (e dell’arte, ovviamente), mentre in Italia da sempre viviamo una totale eteronomia e dipendenza politica. Chi mi conosce sa bene quanto osteggi, situazionisticamente, la politica, che dal dopoguerra ha tessuto una ragnatela ormai indissolubile attorno a noi. Poichè tutte le nomine in Italia sono politiche (ma proprio tutte, dalla Biennale alle bocciofile) non capisco perchè accanirsi contro la nomina politica di Bellini, che tra l’altro, dal punto di vista qualitativo ritengo la migliore della piazza. Ma nessuno si scandalizza della Quadriennale, Biennale e tutti i musei italiani. Macro, Maxxi, Mart, Gamec, Gam, Mambo, Man…. (e qui continua tu). Tutto qui. Il mio non è un giudizio, ma una constatazione amara di chi è costretto a subire sapendo che nulla può cambiare. La mia lotta personale? Come muoversi in bici a Milano pensando di eliminarne l’inquinamento…
Giancarlo Politi
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Caro Politi
ti ringrazio della tua risposta.
È vero, sono provinciale, mi sono spostato molto in Italia e ho vissuto in tanti luoghi.
Forse mi merito l’epiteto di multiprovinciale; se esiste questa definizione ti prego di concedermela.
Non era necessario tutto quello che hai scritto. Conosco quello che hai fatto. C’è una reattività sproporzionata, anche se concordo su molte cose con te.
Una cosa in comune? La bicicletta, davvero!
Ma a Milano la bicicletta tu la vivi come una lotta, io qui a Rimini semplicemente la uso.
Sai, noi provinciali riminesi, come quelli di Ravenna e Basilea.
Forse sei tu che vivi nella provincia dell’Europa.
Io non alludo a nulla oltre a quello che scrivo. Ma scrivo a volte in uno stile inattuale, che può creare equivoci, ma non rinuncerò mai alla libertà del dire. Spesso sono gli altri, prigionieri di un linguaggio claustrofobico ed autoreferenziale, che  non riescono a leggere un linguaggio diverso.
Spero che tu leggerai qualche volta:Â www.variosondamestesso.com.
Per il resto mi ha fatto tanto piacere comunicare con te.
Mi sento onorato, credimi, di  avere un polemos con te.
Caro Marchetti,
un chiarimento ad uso personale. Quando io adopero il termine “provinciale” alludo non tanto a una connotazione geografica ma culturale. Di colui cioè che vive la cultura un po’ idilliaca della provincia o periferia (che io invidio a chiunque ed è ciò che vorrei vivere). Di colui che non è costretto a misurarsi con l’arte quotidianamente. Di colui cioè che pensa che l’arte e gli artisti e il sistema dell’arte siano o dovrebbero essere una sorta di Eldorado o di Repubblica platonica. L’arte, gli artisti, il sistema dell’arte riflettono con estrema velocità e durezza e spesso tragicità , i mali, le aberrazioni, le crudeltà , le deviazioni della società . L’arte è lo specchio fedele, spesso anticipatorio, del malessere della società e della vita. Pertanto immagina dove è arrivata e dove andrà sempre di più l’arte di oggi. E Flash Art deve e vuole essere lo specchio di questa realtà . Io chiedo l’autonomia dell’arte, ma l’arte, nelle sue formalizzazioni e contenuti, non può essere autonoma rispetto alla società . Altrimenti diventa solo passatempo o semplice decorazione.  GP