Padiglione Italia. Abruzzo. Civitella del Tronto e Pescara

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Aurum.

Le architetture pensate per certe funzioni, come l’ex fabbrica Aurum di Pescara progettata da Giovanni Michelucci nel 1940, e “restituita” con restauri ad altra vita, destano sorprese, persino nell’acustica.

Il concerto all’aperto dentro il vasto “cilindro” vuoto, a conclusione dell’inaugurazione di questa prima tappa del “Padiglione Italia” abruzzese della Biennale veneziana diffusa in forma spray centocinquantenaria, è stato a prova di orecchio, per quanto stanco di gossip e polemiche circa gli inclusi e gli esclusi. L'”Eroica”. Coppie di pensionati e fidanzati tra il pubblico. È la musica gratuita, popolare, servizio di quartiere, godimento normale e “urbano”, “civitas”, insomma ditelo come volete ma i palati fini possono stare comodamente seduti sulle altezze musicali, a volte piuttosto puntute, continuando a dormire mentre la gente cosiddetta “comune” (io ad esempio) desidera la musica nei luoghi meno deputati. “Eroica” pescarese con la solita grandeur manhattiana che rende la città una “marmellata”, come recentemente è stata definita la città.

A dimostrazione che Pescara ha vocazione di laboratorio avanzato il direttore d’orchestra era una donna.

Gli artisti abruzzesi: Franco Summa tutto bianco, come un Gandalf, poco più basso ma senza cavallo e bastone, ma con lavori indiscutibili. L’ho trovato al meglio, affettuoso e sincero, anche se so che è il palcoscenico a rendere tutto illusorio e passeggero. Il glamour oggi è l’altra metà del bello di Baudelaire. L’altra metà purtroppo non è il vero bensì l’effimero, il consumo in giornata-serata.

Sandro Visca aveva lavori eleganti e raffinati, è sempre una bella lezione d’arte la sua.

Visca è uomo di grande sensibilità e civiltà, parole antiche…

Tra la generazione di mezzo (ma oggi, quei dieci, quindici anni di differenza non sono come allora; oggi ci riavvicinano paradossalmente) c’è l’assenza di Giuseppe Fiducia, presente sì con un suo lavoro, ma morto in un incidente d’auto qualche giorno prima dell’inaugurazione di questa biennale regionale. L’artista era fermo nella corsia d’emergenza del raccordo autostradale pescarese vicino all’ aereoporto ed è stato travolto, e schiacciato tra le lamiere, da un’auto che viaggiava a forte velocità. Morte immobile, dentro la velocità.

Poi i giovani, impegnati a districarsi tra differenza e ripetizione ma con alcune punte di qualità.

Tra i 40 artisti selezionati per l’Abruzzo qui all’Aurum erano presenti solo una parte. Altri luoghi e città ne ospiteranno altri: Civitella del Tronto nella fortezza borbonica, Lanciano, L’Aquila e infine Santo Stefano di Sessanio di cui abbiamo scritto tempo fa in questo Journal.

Alcuni sono i luoghi del terremoto e questo omaggio si spera riattivi l’attenzione a ciò “che s’ha da fare”.

Lo spazio dell’ex fabbrica dell’Aurum è un luogo da visitare, immerso nella pineta dannunziana, oggi ben riqualificata e curata. Ho trovato una Pescara migliore, forse perchè le persone incontrate in questa serata inaugurale sono una Pescara migliore, che tuttavia non ha potuto, o voluto, essere al governo della polis e mettere in campo le proprie idee, le proprie utopie. Quell’essere “contro”, a difesa di un fortilizio (o quell’essere contro se stessi), ha lasciato ad altri, più cinici e ginnici, la gestione di questa città “dolce”. Ma questo, forse, riguarda tutta una generazione italiana di talenti e intelligenze sprecate, o tolte di mezzo.

Regista appassionato di questa Biennale abruzzese è Umberto Palestini che ci ha dato una lezione: la dignità consiste nel saper negoziare per una posta più alta dell’evidente contingenza: frammenti di utopia e isole di bellezza sono possibili nei miasmi quotidiani. I distruttori sono sempre alle porte, gli sconfitti lavorano con i mantici sul fuoco mentre gli esclusi sono prigionieri del conflitto mimetico. È la ruota dell’arte, come Fortuna, da sempre. Chi ha elaborato l’esclusione come dato interiore, la marginalità come quotidiano esistenziale e ormai personalmente storico, può gioire con disincanto in questo “esserci”, sapendo che la ruota  rovescia e cambia continuamente le posizioni. Ma quali sono le posizioni poi?

Giancarlo Politi ha definito le scelte di questo Padiglione Italia una “Schindler’s List”, con un senso dell’umorismo agghiacciante e francamente fuori luogo.

Spazi come quelli dell’Aurum, con il “sottotitolo” Fabbrica delle Idee, forse meriterebbero direttori migliori, all’altezza della bellezza degli spazi che “occupano”. Dovrebbero invece “abitarli”. Zoccolo duro italianissimo.

L’Aurum era la fabbrica di un liquore con il sapore di arancio. Il poeta Vate, al solito,  c’è sempre e  lo chiama oro di lieve peso.

Dipende dall’uso che se ne fa. Son sempre 40°!

One Response to “Padiglione Italia. Abruzzo. Civitella del Tronto e Pescara”

  1. Juan Kingsman 9 ha detto:

    Non ti sminuire perchè avrai sicuramente alcune qualità che altri non hanno, e non mirare a conformarti per forza ai modelli dominanti.

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