La scuola di carta

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antonio marchetti città dipinta

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Carta, montagne di carta; circolari, milioni di circolari; avvisi, miliardi di avvisi. La scuola dell’autonomia negli ultimi anni produce carta, quale forma di comunicazione tra la Dirigenza ed il basso. Per poter leggere tutte le circolari di una sola settimana occorre un orario pari a quello di cattedra. Leggerle quando arrivano in aula significa sospendere la formazione, ma forse la formazione va intesa proprio così: leggere e commentare circolari in classe interrotte dalla lezione. Il crepuscolo dell’Impero austro-ungarico non arrivava a tanto.

Emanata una circolare tutto è a posto, lì, sulla carta; la realtà va in malora ma nel mondo di carta tutto sembra plasticamente perfetto. I termini sono lavorati al tornio dell’inutile ma nello stesso tempo ambiscono con patologica ambizione ad una forma di agire che circolarmente (appunto) riconducono sempre ad una forma di rigor mortis del sempre uguale. Le parole nuove e di tendenza, come l’uso dell’inglese, sono le nuove maschere della morte (morte della nostra lingua italiana soprattutto). L’impotenza trova nel linguaggio tecnico della circolare (una neolingua mai apparsa prima d’ora nella storia dell’occidente) un agire mortifero, un movimento cristallizzato autoappagante ove sono scomparsi gli attori autodesideranti. Il teatro della crudeltà è stato completamente evacuato.

Non sappiamo dire chi sia il soggetto scrivente della circolare. Soggetto plurale? Non diciamo sciocchezze; dopo tramonti senza colori di soggetti e pluralità meglio lasciar perdere. La circolare scrive noi, nessuno la scrive. Noi siamo la circolare, ogni mattina. Nel mondo borgesiano ove la carta geografica aveva sostituito il mondo è la circolare a sostituire non solo la realtà nel microcosmo scolastico, ma ci scrive. Che siano poi esseri umani con millenni di civilizzazione alle spalle a produrre tutto ciò, in “autonomia”, ci spinge ad un senso di serenità e di benessere in un paradiso senza più problemi.

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