Fellini e Flaiano

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il bidone

Copertina originale de ‘Il bidone’ con schizzi e disegni di Flaiano e di Fellini. Fondo Flaiano, Lugano (dal numero monografico di “Cartevive” – catalogo della mostra di Lugano in omaggio al centenario della nascita di E. Flaiano – n.45, novembre 2010, p.66)

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A cosa serve una Fondazione? Ad indebitarsi. Ennio Flaiano in questo caso direbbe che Fellini non riposa in pace, almeno a Fellinia, con le cambiali da pagare. Tuttavia anche lui, a Pescara, con l’Associazione  ed il Premio a lui intitolato, non se la passa tanto bene. La Fondazione Fellini lavora, non c’è dubbio; il maestro cerimoniere Dott. Boarini, mi ricordo, si dava un gran da fare. Con il nuovo Direttore vedremo; ma con i Professori e i Dottori bisogna andarci cauti. Il mio disamore per questa Fondazione nacque diversi anni fa all’anfiteatro romano di Rimini, in una proiezione estiva del Il Bidone restaurato. La “chiacchiera”, per usare una parola alta e filosofica, si esercitava sulle dicerie del tasso alcolico del grande attore Broderick Crawford sul set; non venne mai citato Flaiano che aveva lavorato alla sceneggiatura con Tullio Pinelli. Una serata provinciale: parlava chi doveva tacere, chi doveva parlare non c’era. Già allora mi accorsi che si lavorava poco, con il consueto delirio di grandeur, e maluccio. Riportiamo non a caso la copertina originale de Il Bidone con schizzi e disegni di Flaiano e Fellini, conservata nel Fondo Flaiano di Lugano. Si tratta di una sintesi narrativa a quattro mani molto preziosa, che parla da sola.

Probabilmente la responsabilità, per una “piccola” parte  –  dipende dai punti di vista – ce l’ha il Morto da vivo. La prima edizione delle sceneggiature dei films di Fellini, nelle edizioni Cappelli del 1963, conteneva i nomi degli sceneggiatori; in quella einaudiana del 1974 gli sceneggiatori spariscono. Perchè? Flaiano era morto (1972). Più recentemente la Fondazione Fellini ha organizzato un convegno dal titolo “Pinelli e gli altri”, ove Flaiano evidentemente stava dentro “altri”. Flaiano, intimamente,   considerava Fellini un uomo futile. Forse in forma inconscia Rimini-Fellinia non può permetterlo, per quanto della futilità questa città con vocazione turistica ne è diventata  la capitale. La Fondazione riminese e l’Associazione pescarese hanno in comune, per i reciproci morti, i premi e il mare Adriatico anche se, per ironia della sorte, i nostri Maestri si sono ritrovati vicini nel Tirreno, bagnandosi spesso insieme in un mare opposto.

Il Premio Fellini e il Premio Flaiano, come tanti altri in Italia, hanno l’obiettivo di raggiungere massimi risultati con il minimo sforzo intellettuale. Con sforzo economico notevole. Si punta al glamour, con le prospettate “ricadute” “turistiche” ed economiche per la città. Le “ricadute”, per i residenti e le cosiddette nuove generazioni di riminesi, sono dubbie. Sul piano formativo scarse.  La Fondazione Fellini ha lavorato poco con le scuole. Saccenteria e snobismo animano la ricerca del glamour, ove intelligenti e cretini operano insieme. I nostri ragazzi poco sanno dei films o delle colonne sonore di Nino Rota. I Premi puntano a qualcosa di grande, mirano all’evento, e credo che la parola “Evento” abbia origine nell’antico postmoderno proprio a Riminum. Ancora oggi è oggetto di convegni, tipo “L’evento che verrà“. Stanchi post damsisti fanno ancora giochini di enunciati anni Ottanta del secolo scorso: “Eventi del futuro e futuro degli eventi”. Ma chi le pensa queste cose? Il presente? Cancellato, obsoleto, scapolato; si punta al futuro. La “macchina” del futuro indebolisce noi desueti viventi, che si tenta di costruire qualcosina, così poco glamour, per l’oggi. Ecco perchè ci si indebita e si rischia il fallimento; perchè si pensa in grande. Quando si pensa in grande si sciala, si sciala e ci si diverte. Ci si diverte e si dibatte con lo specchio. E si fa deserto. Incapaci nel nuovo (troppo rischioso), si preferisce triturare il corpo morto del grande innovatore del passato interrogandolo con le tecniche di Mesmer. Fellini e Flaiano hanno lavorato e prodotto le cose migliori nell’Italia del benessere. In quell’Italia si annidava il futuro che è stato; lo hanno visto, in gradazioni diverse. Nell’Italia del malessere, i Grandi Morti sono diventati merce politica, pretesti per lo sperpero, alibi per narcisismi fallimentari, Icone usate nell’autoreferenzialità intellettuale. La Fondazione Fellini forse dovrebbe sparire. In una edizione della Sagra Malatestiana vedrei volentieri le proiezioni dei films di Fellini con l’orchestra dal vivo che esegue le colonne sonore di Nino Rota. Non si tratta solo di creare un climax particolare, ma mettere in contatto due manifestazioni, che hanno in comune anche gli stessi soldi, Fondazione Cassa di Risparmio e Carim che, oggi, mentre scriviamo, è commissariata e sottoposta ad indagini penali e fiscali. Unire musica e cinema in omaggio a Fellini è difficile perchè “connettere” due “lobby” significa mangiare meno. Infine: costruire una memoria felliniana partendo dalle scuole.

E ancora: mi affiderei alla Biblioteca Gambalunga, e aprire qui un Fondo Fellini, gestito da personale competente ed in grado di “custodire” e “valorizzare” il patrimonio del nostro Maestro.

Restituire ad una grande biblioteca pubblica ciò che è memoria documentale di un concittadino celebre. Affidarla, insomma, a professionisti, riunendo un fondo biblioteca e cineteca Felini in un unico luogo.

I parassiti diminuirebbero, la politica ci perderebbe. Ma la città ci guadagnerebbe. Ma quale città?

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Ottimo e abbondante. Una riflessione dai pensieri lunghi. Ciao.

Massimo Palladini

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